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Dipinti: Le Sante Sospese


TITOLO: NINFA DANZANTE



DIMENSIONI: 120 x 80 cm
TECNICA E SUPPORTO: acrilico su tela ignifuga trattata a gesso
ANNO: 2010
 Il dipinto rappresenta una Ninfa danzante in una radura boschiva. La ninfa danza munita di un drappo bianco.




TITOLO: L’ANGELO STERMINATORE

DIMENSIONI: 120 x 80 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010


Il titolo è preso dal famoso film capolavoro di Luis Buñuel. La morte e la distruzione possono arrivare inaspettate in una meravigliosa e serenissima giornata di sole: nel cielo terso si stagliano i fumi della distruzione. Se fosse una catastrofe naturale ci domanderemmo sicuramente perché, ma sarebbe facile accettare che un accadimento del genere possa rientrare nell’ordine delle cose.
Essendo invece un atto compiuto dall’uomo si scatena una ridda di domande.
La statua bronzea è quella di S. Michele Arcangelo, posta su Castel Santangelo a Roma, ex Mausoleo di Adriano. Ma qui non sta a simboleggiare la punizione divina, bensì la forza distruttrice, altra faccia e contrappeso della forza creatrice, come l’indiana SHIVA o la THANATOS degli Elleni.
Questo dipinto è una domanda: l’uomo è veramente dotato di un totale consapevole e pieno libero arbitrio, oppure è invece spesso trascinato da un flusso universale più grande e forte di lui, che sfrutta le sue debolezze per coartarlo ad uniformarsi alla direzione evolutiva della creazione e dell’universo, scopi per noi poco intelligibili?
Gli individui e i popoli, sono sempre ed esclusivamente dotati di apollineo raziocinio e liberta assoluta di scelta quando, pensando ad un “Bene” finale, compiono immani distruzioni? Oppure sono inconsapevolmente pervasi da una volontà inconoscibile, ottenebrati da un dio, come Eracle lo fu dalla follia mandatagli da Era, quando sterminò la sua stessa famiglia?
Seguiamo -raramente consapevoli- una misteriosa direzione nell’Universo? Oppure siamo solo veramente delle bestie stupide e presuntuose, illuse di essere artefici del nostro destino?

TITOLO: SWEET HELICOIDAL EXPIATION


DIMENSIONI: 100 x 150 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010
Il dipinto è parte del ciclo “Le Sante Sospese”


Sarà mai possibile conciliare il dolore fisico con l’estasi mistica? Con l’elevarsi e penetrare in un’altra dimensione dello spirito? Alcuni grandi mistici lo hanno fatto, sia per libera scelta con l’autoflagellazione, sia per costrizione sotto tortura al momento del martirio.
Lascerei questi estremi ai mistici , ai santi, alle persone “eccezionali”. Per noi esseri “normali” penso che l’associazione sofferenza-beatitudine sia possibile immaginandola come soluzione di un complesso di colpa inconscio per risolvere il quale solo una punizione ci soddisfa, ci assolve ci fa espiare la nostra colpa!
In effetti per chi pensa di aver commesso un “peccato originale”, l’espiazione perpetua è la regola. Questo però trasforma la vita in un inferno, rimandando il paradiso ad un aldilà, solo però a patto di espiare le nostre colpe durante questa vita.
Mi auspico invece che tutti noi seppure a volta afflitti da qualche senso di colpa non ci autoflagelliamo troppo; espiamo dolcemente il nostro karma negativo. Seguendo dolcemente la struttura elicoidale della scala di Palazzo Farnese ci immettiamo nella spirale che copiando la struttura del DNA simboleggia la vita, ricordandoci il movimento dell’energia vitale attraverso Pingala e Ida, i canali che collegano i chakra; riecheggiando il Caduceo di Hermes simbolo sul quale fin dai tempi antichi giuravano guaritori e medici.






TITOLO: STUDIO PER IPAZIA AL SERAPEION


DIMENSIONI: 120 x 80 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010























 TITOLO: STUDIO PER TESTA DI IPAZIA

DIMENSIONI: 50 x 60 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010


TITOLO: S. GIORGIA E LA GIOSTRA D’AMORE


DIMENSIONI: 120 x 120 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010

S. Giorgia e la giostra d'amore, che è molto diversa da una giostra guerresca. La versione femminile del celeberrimo S. Giorgio non ha, come lui, da affrontare nessun drago, rappresentazione del maligno demoniaco, di una materia che coi suoi lacci terreni imbriglierebbe lo spirito, impedendogli di accedere a un "mondo superiore". Quì non c'è lotta ma solo la gioia fanciullesca di un giro in giostra insieme a maschere carnascialesche. La "santa" ha la sua aureola nelle stesse luci della giostra. Queste si dipartono a raggera da dietro la sua testa il cui volto ha un'espressione carica di sensuali promesse.



TITOLO: LA SPOSA DI EFESTO

DIMENSIONI: 100 x 145 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2010


Come quasi tutti i miti relativi al panteon ellenico, quello di Efesto-Vulcano ha una molteplicità di versioni. Gli si attribuiscono due spose. Una era Afrofdite ricevuta in premio da Zeus per aver liberato la madre Era prigioniera di un trono magico da lui stesso forgiato. L’altra fu Gaia, ovvero Gea, la terra stessa, sulla quale il suo sperma cadde per sbaglio, dopo che Atena era sfuggita al suo abbraccio carnale.
Chi è la figura muliebre mollemente adagiata di fronte al vulcano in eruzione? La sensuale Afrodite-Venere o la potente e amorosa Gaia, custode delle forze ctonie?


                 

TITOLO: L’ULTIMA ACROPOLI


DIMENSIONI: 60 x 120 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009

Una speciale serenità un certo distacco, tipico dei dimenticati “dei olimpici”, pare siano scesi sulla fronte della figura femminile dormiente sull’ultima acropoli della paganità. Ella incarna la donna del mondo classico ellenistico ormai scomparso. Una amazzone guerriera, una giovane sacerdotessa, una antica eroina, si concede un ultimo riposo prima dell’assalto finale nel quale forse la sua civiltà scomparirà soverchiata dalla violenza e dalla barbarie monoteista. Niente più tolleranza ne libertà di culti multiformi eppure assimilati e assimilabili. Simili se non uguali nei loro miti e principi fondamentali. Presto le rovine delle acropoli si copriranno di chiese, moschee e sinagoghe. Il suo mondo eroico scomparirà sotto l’avanzata delle nuove religioni orientali che vogliono imporre il loro dio unico.
A più riprese dal quarto al settimo secolo, la bellezza greco-romana che ha costellato per secoli il nostro mondo sarà ridotta in macerie.
Per adesso il braciere del fuoco sacro arde ancora sull’ultima acropoli.
























 TITOLO: LA PIZIA DI BENARES


DIMENSIONI: 60 x 100 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009

La Pizia, il famoso oracolo di Delfi, sacerdotessa del tempio di Apollo Delfico, gode di una vasta schiera di colleghe ed emuli europee ed asiatiche. Del resto l’arte della divinazione è sempre stata richiestissima nel corso della storia. L’emula italica della Pizia Deifica è l’altrettanto famosa Sibilla Cumana. Entrambe operavano in luoghi di contatto con le profondità della terra, dai quali orifizi si sprigionavano vapori ed energie ctonie tali da rendere possibili i vaticini prestando la propria voce a quella della divinità: Il tempio di Delfi era infatti posto presso l’Omphalos, l’ombelico del mondo. Mentre La Sibilla pronunciava i suoi vaticini in stato di trance ovvero “furor”, in una grotta posta presso il Lago d’Averno. Anche la Sibilla era come la collega deifica una giovane sacerdotessa vergine consacrata ad Apollo. Via via che ci spostiamo verso oriente, troviamo sibille e pizie, magari sotto mutato nome , un po’ dappertutto: in Egitto, in medio oriente ed in Asia Minore.
Nel mio viaggio immaginario nel mondo del vaticinio ho immaginato una “Pizia Indica”, con sede a Benares, città santa del continente indiano. Non le ho fatto mancare i suoi indispensabili attributi di gioventù, trance estatica e magici vapori che le fuoriescono dalla gola assieme all’ammonimento divino!




 
 
 
 



TITOLO:TORSO 3

DIMENSIONI: 80 x 105 cm

TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009







TITOLO:TORSO 2

DIMENSIONI: 85 x 105 cm

TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009






TITOLO: TORSO 1


DIMENSIONI: 60 x 85 cm
TECNICA E SUPPORTO:olio su tela
ANNO:2009

 
 


TITOLO: OFFERTA VOTIVA



DIMENSIONI: 75 x 110 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela sintetica dorata
ANNO: 2009

La fanciulla, poco convinta e per niente remissiva incarna suo malgrado lo stereotipo dell’agnello sacrificale, l’agnello di dio che viene a redimere tutti i mali e i peccati. Oppure l’offerta che serva a placare la collera della divinità, al fine di ben disporla nei confronti degli scopi umani.
Che spreco di bellezza! Uno si domanda a qual fine immolare un essere e un corpo così belli, nel fiore della vitalità! Che contrasto tra quel corpo sensuale morbido, rotondo e la corona irta di spine; tra quelle labbra rosse dolci e carnose, che dovrebbero dissetarsi ormai solo con l’aceto dei condannati!





 
 

TITOLO: HETAIRA ESTATICA


DIMENSIONI: 95 x 140 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009


La geisha, la cortigiana, l’etera giace con gli occhi socchiusi nell’oblio che segue l’amplesso.


 







TITOLO: SARABANDA AL CREPUSCOLO

DIMENSIONI: 98 x 142 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009

Il dipinto illustra una scena ambientata su una spiaggia al crepuscolo ove zanni di “callottiana” fattura e giovani donne danzano sfrenati attorno al fuoco in una atmosfera carnascialesca e dionisiaca. Nei periodi in cui era concesso al popolo di mascherarsi, questo “scivolava” inesorabilmente nel dionisiaco mondo dell’ebbrezza, celebrando ciò che restava delle antiche Saturnalia, residui “pagani”a noi pervenuti come feste carnevalesche, tollerate seppur con sospetto dalle gerarchie ecclesiali romane. Si tollerava seppur per un breve periodo durante l’anno, la perdita del controllo, il predominio dei “bassi” istinti della carne, in contrapposizione al modello rigidamente ascetico-spirituale osservato normalmente in un mondo ancora troppo teocentrico.
L’idea del dipinto deriva dalle sarabande infernali del medioevo, dalle feste popolari e popolane legate al ciclo delle stagioni alla terra e all’agricoltura, quindi a Demetra dea della terra e dei campi; a Ade divinità del sottosuolo e degli inferi, dalle quali feste esala una reminescenza pagana non del tutto domata dai tanti secoli di dominio morale e temporale del culto di Cristo e della chiesa costituita in suo nome. Da tutto questo nascono le maschere popolari, poi ingentilite: prima Zanni Demoniaci come quelli di Jacques Callot, beceri e indistinti, lascivi, grossolanamente popolareschi, poi cerretani imbonitori di antiche fiere cittadine e paesane; Arlecchini, Harlekins, Hoillequins, la radice del cui nome va a perdersi in leggende e nei racconti di mezza Europa; i Pulcinelli portatori anch’essi di atavica quanto mitica fame e, via via scorrendo, nomi meno famosi ma altrettanto pittoreschi di Capitani vari (Spazzamonti, Spezzaferro, Fracassa……), Sganarielli, Frittellini, Trastulli e per finire il nome “evocativo” di Meo Squaquara! Maschere grottesche che si organizzano attorno ad una forma di rappresentazione teatrale fortemente di popolo e in contrasto diretto con la chiesa e la classe dirigente delle quali denunciavano le porcherie e le soperchierie. Essi rappresentarono e tennero vivo un mondo e una cultura di frontiera, che non si omologa, che non abbassa la testa di fronte alla potenza degli ideali ascetici, ma che resta ancorata al mondo e alla sua materia, a volte tragicomicamente come appunto l’atavica fame degli Zanni, di Arlecchino e di Pulcinella. Per questo nel ‘600 furono cacciati dall’Italia da una bolla papale. Si sparsero così in tutta Europa, rendendo immortale la Commedia dell’Arte.







    


TITOLO: VESTALI IN ESTASI



DIMENSIONI: 105 x 152 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009


In pieno clima neopagano, le vergini sacerdotesse consacrate al tempio di vesta restaurano all’antico culto il tempio cristiano di S. Vitale in Ravenna. La storia spesso si ripete e, così come molti culti pagani furono oltraggiati, il loro templi distrutti o riconvertiti al nuovo culto del Nazareno (in diretta concorrenza con quello di Mitra del quale ha occupato la festività principale, il 24 dicembre, in epoca romana festa del sole), così adesso in un mondo di pura fantasia, le vestali si riappropriano almeno di alcuni degli spazi di cui furono private.
Infinite sono le chiese, le cattedrali e le basiliche che portano ancora nello strascico del loro nome ciò che nascondono nelle loro fondamenta.


 


TITOLO: EVA, OVVERO L’INDECISA

DIMENSIONI: 80 x 120 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2009

L’immagine, come spesso accade, rappresenta una specie di storia: quella di Pollicino, che perduto nel bosco, ritrova la strada seguendo dei segni da lui lasciati. Nel caso di questa Eva principio femminile assoluto e mitico, i segni servono ad indicare una nuova strada, quasi una evoluzione, nella foresta oscura dell’istinto e dell’incoscienza. I segni sono umidi, acquatici: chiocciole, conchiglie, nautili, che portano appunto ad una pozza d’acqua, madre della vita e da cui la vita proviene e in cui giace la mela simbolo della presa di coscienza, del discernimento tra bene e male, dell’affrancarsi della mente umana dall’indistinto e dall’indefinito. La rivelazione della coscienza di se, la costruzione di un ego individuale, che spesso ci tiene prigionieri, ma che è la cifra umana per eccellenza. Nella mitologia ebraica Eva viene incaricata di questo compito, apparentemente trasgressivo, di traghettare l’umanità attraverso l’evoluzione dei tessuti, fino allo sviluppo di un sistema nervoso che comprenda anche la corteccia cerebrale. Da li la fonte di molti dualismi quali istinto-ragione, bene-male, bianco-nero e cosi via fino all’umana illusione del discernimento razionale, il classificare il dividere il diverso e il raggruppare il simile, cosa di cui l’uomo ormai può difficilmente fare a meno.
È “indecisa” perché avverte l’importanza e l’irreversibilità della scelta che sta per compiere: una via da cui non si potrà tornare indietro. Adamo non ha il coraggio di “disubbidire” a dio. È lei che si relaziona con il portatore di luce, “Lucifero” che, seppur incarnato nel serpente, simbolo di sapienza e scienza. Per questa trasgressione, per questa presa di coscienza opera di Eva l’indecisa, l’eden scompare, si dissolve per far posto alla realtà e alla sofferenza dell’esistenza umana percepita in tutta la sua tragica materialità. È strano e ci fa porre domande il constatare come nel mito dell’eden, la figura di Lucifero, portatore della coscienza del bene e del male, della luce della razionalità, sia associato se non addirittura assimilato al principio del male, del demonio, della superbia di volersi regolare da soli, senza la sudditanza ad una divinità.



































 TITOLO: LA SIRENA



DIMENSIONI: 75 x 110 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela con doratura a foglia
ANNO: 2008

La sirena è rivolta verso il mare. Con la sua bellezza e i suoi richiami attira a se i marinai. Costoro affascinati dal suo canto non si avvedono della scogliera che li farà naufragare. Vi si dirigono a tutta forza, presi dalla bramosia di quell’essere fantastico, che promette loro infinite gioie e godimenti.
Forse la sirena incarna il mito dell’eterna lotta che l’uomo compie per equilibrare il suo desiderio, il suo eros, con la sua ragione, cercando di trovare un equilibrio tra te sue due nature, istintiva e razionale.
L’essere umano forte, psichicamente maturo e appagato di se dice: conosci e sperimenta gli istinti e le passioni, ma non fartene schiavo. Usali e moderali con l’uso del raziocinio, solo in questo modo entrerai in comunione con la vita e col mondo.
Ulisse, uomo non comune, volle sapere, conoscere e senza rinunciare alla mente che gli suggerì di farsi legare, volle provare ad abbandonarsi, a darsi parzialmente in pasto all’istinto e al richiamo fortissimo del desiderio. Certo per fare questo, da uomo saggio e prudente quale il mito ce lo tramanda, non tralasciò di ancorarsi all’albero maestro del suo se più profondo, ne di proteggere coloro che, suoi compagni, legati non erano, turandogli le orecchie con la cera.
Anche in questo mito si è scelta la figura femminile della sirena per ammonire l’uomo a non lasciarsi andare all’istinto, per inibirne l’audacia e la sete di conoscenza.
Ma questa sirena, quella del quadro, sembra molto improbabile come mangiatrice di uomini. Gli scogli in fondo sono così vicini alla riva che, anche naufragando, i marinai potrebbero trovare a terra piuttosto il calore di un fuoco, il ristoro e il conforto di materne braccia femminili.




































TITOLO: IL RIPOSO DI ARTEMIS


DIMENSIONI: 70 x 100 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2008

La posa di Artemide è di relax apparente. Anche se il suo corpo ancora giace raccolto mollemente sui morbidi broccati e sulla preziosa seta della sua tenda, ha cessato di rilassarsi aspirando i profumi dell’incensiere al suo fianco; brandisce un dardo, pronta a dar di piglio all’arco, che il suo sguardo è attratto da una nuova preda.
La dea, munita di sacra aureola, è colta nell’attimo in cui valuta con calma olimpica se muoversi all’istante o rimandare la caccia per immergersi nuovamente nella sua arcadica contemplazione.

 

TITOLO: ARTISTA CON-TURBANTE E PENNELLI (autoritratto)



DIMENSIONI: 75 x 110 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2008

TITOLO: SACERDOTESSA DI ISIDE

DIMENSIONI: 98x142 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2008

La figura è una libera interpretazione fantastica di questa particolare casta sacerdotale pagana. Tali sacerdotesse praticavano in oriente (ma anche in Grecia e in tutto l’impero romano, dove questo culto era diffuso) la copula sacra con i seguaci e gli adepti del culto che recavano speciali offerte al tempio.
Certe fonti lasciano forse intendere che la Maddalena, sia prima che dopo essere divenuta seguace del Nazzareno, appartenesse a quella casta sacerdotale. Ma dai vangeli ci viene trasmessa solo la sua fama di meretrice, e dagli apocrifi anche quella di compagna carnale di Cristo.
Come la Maddalena in alcune interpretazioni cristiane, anche il culto di Iside tende ad esaltare il divino nella sua parte femminile, trascurata invece nel culto ebraico.
Come segni di rango sacerdotale, la figura indossa una tiara d’oro del tutto immaginaria, il cui disegno è ripreso dalle maschere in cartapesta decorata e dorata di cui sono stato artefice per moltissimi anni.
Segno di decoro e vanità femminile le perle ed i ricchi tessuti in broccato e oro sui quali la figura siede.
Lo sfondo di nubi notturne rappresenta lo spazio della trascendenza e dell’infinito, ai quali mirano tutti i rituali, seppure orgiastici.


































TITOLO: S. SEBASTIANA FERITA DA AMORE



DIMENSIONI: 98x142 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2008

Siamo all’interno del suggestivo spazio architettonico della Medina di Cordoba, successivamente riconvertite e consacrata come chiesa cattolica dopo la Riconquista di Isabella e Felipe.
Gli elementi iconici ci sono tutti; un corpo nudo, una colonna, le frecce, l’aureola: sono quelli tipici di S. Sebastiano. Solo che il corpo sospeso in “bondage” alla colonna è quello di una donna bellissima la cui agonia, tra l’estatico e l’orgasmico è provocata non dai dardi di crudeli carnefici, ma da quelli infuocati d’amore e passione scagliati da un allegro Cupido! Prelevato per la bisogna direttamente dalla Loggia di Amore e Psiche alla Farnesina, affrescata della bottega di Raffaello.





TITOLO: NINFA CON-TURBANTE



DIMENSIONI: 60x80 cm (ellittico)
TECNICA E SUPPORTO: olio su cartone telato
ANNO: 2007


Ritratto di B. in veste di Ninfa. Siamo in piena atmosfera neopagana. Una dolcissima ninfa circondata dal profumo dei fiori si riposa asciugandosi al sole dopo un bagno nelle fresche acque di un laghetto arcadico.
Il suo olimpico sguardo è morbidamente perso nella bellezza infinita della natura che la circonda. La bocca accenna un lieve e grazioso sorriso, involontario riflesso del sensuale e tenue godimento che la pervade al compenetrarsi armonicamente col proprio mondo.





TITOLO: VVLNERATA CVPIDO

 DIMENSIONI: 90x130 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2007


Parafrasando Zucchero e in sintonia con le tesi del filosofo neoepicureo e neoedonista francese Michael Onfray, penso che non saranno mai abbastanza le denunce e le prese di posizione contro la repressione di una “sana e consapevole libido”.
Nella nostra società formata e permeata culturalmente dalla morale bimillenaria cristiano-giudaica, la donna è ancora considerata impura e peccatrice, come i desideri che suscita. Anche se velato e inconscio, l’atteggiamento nei confronti del femminile, della donna e la paura del maschio di non poterne controllare la sessualità, in fondo è sempre lo stesso; nonostante il “68”, la rivoluzione sessuale e il femminismo.
Questa è dunque la rappresentazione del ‘desiderio ferito’, una figura femminile dolente, l’angelo del desiderio caduto a terra, menomato, demonizzato e represso.

 

































TITOLO: INDICA VOLVPTAS



DIMENSIONI: 90x130 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2007


‘Voluttà indiana’ è l’esaltazione della potenza sessuale femminile cosciente di se stessa, che non ha timore di manifestarsi e proclamarsi.
Capelli neri, lunghi, un po’ crespi; corpo flessuoso, pelle ambrata e umida di Eros. Raggiunge l’illuminazione, di cui l’aureola è segno evidente, attraverso la santificazione della pratica sessuale estatica, tipica di una tecnica yoga indiana. Tale pratica non mortifica né il corpo né la sessualità, al contrario li esalta utilizzandoli come canali privilegiati per giungere ad una superiore consapevolezza del mondo e della vita.
Sullo sfondo il vortice d’energia riecheggia il simbolo del Tao che unisce ed armonizza gli opposti principi che regolano l’universo.




TITOLO: USAŠ - ALBA DOPO L'AMORE



DIMENSIONI: 90x132 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2006 Novembre


Il dipinto mostra un nudo femminile aureolato, steso mollemente su un giaciglio coperto da un tessuto rosso. La donna guarda verso l'osservatore e pare mollemente rilassata. Una luce intensa e giallastra viene da sinistra creando una scena di forte contrasto. Il telo rosso s’incupisce e perde il suo rutilante fulgore mano a mano che l'occhio si sposta sulla destra del soggetto, nella parte più in ombra. Suggerisce un vuoto? Un’assenza? Lo sguardo non può sostare in quel vuoto; segue i panneggi che lo guidano verso l’angolo in alto a destra del quadro, dove le pieghe si trasformano in quinte che incorniciano uno sfondo di sapore cinquecentesco. E' un'alba che sorge scivolando tra i monti lontani, rispecchiandosi su acque di laghi ancora immoti dove né il vento né l'umanità manifestano la loro presenza. È il mondo un attimo prima che si svegli ... in primo piano intanto si è concluso il rituale dell'amore, alla luce di una candela che manda i suoi ultimi intensi bagliori prima di spegnersi, lasciando Usas, la sacra officiante, libera di entrare nel dolce oblio di un sonno ristoratore. Domani farà nascere il nuovo sole generato dalla copula.
USAS è il nome Sanscrito della dea Aurora venerata anche presso i Latini ed oltre che "alba", significa anche "amante" e "desiderio".
Tutto quello che ho appena scritto è totale frutto di un mio personale delirio mitologico. In questa ambiguità ognuno può lasciare libera la propria fantasia di immaginare qualsiasi inizio, fine o contesto per la scena rappresentata.




TITOLO: ESTASI MISTICA CON AUREOLA RUTILANTE



DIMENSIONI: 90x70 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2006, settembre
Il contatto con il sacro, il mistero e l’indicibile si manifesta, alle donne più fortunate, predestinate o semplicemente perseveranti, per il mezzo dell’estasi. Alcune persone giungono all’estasi mistica o Nirvana, tramite tecniche psicofisiche che prevedono una regolare pratica orgiastica: il metodico uso del proprio corpo e della propria sessualità, l’arte tantrica del godimento, i cosiddetti ‘atti impuri’ della morale giudaico-cristiana.
E(x) – stasis è dove il mondo che conosciamo si ferma, di botto! Senza preavviso! Immaginiamo con l’aiuto di descrizioni forniteci dalla letteratura: si passa in un mondo dove la percezione è altro da quello che normalmente si conosce. Si sperimenta un mondo che non soggiace alle regole comuni e conosciute. Un mondo fisico? mentale?, spirituale?, mistico? O tutte queste cose insieme? Chi non ne ha personale esperienza non se lo può immaginare; né tanto meno può descrivere ciò che provano coloro che sono investiti da tale esperienza.
E(x) – STASIS è dove tutto ciò che conosciamo si sfuma e lascia posto al godimento, all’unione, all’Amore, alla consapevolezza nuova di un qualcosa che normalmente ci sfugge; al cambiamento profondo della nostra essenza psichica.
La Santa è Sospesa, in estasi, attonita ed assente. L’esperienza tantrica è giunta al suo culmine. Il suo essere purificato rivela l’aura sottile che le vibra dietro il capo. Le sue palpebre socchiuse lasciano passare uno sguardo che non ti vede, ti trapassa, va oltre, lontano. La sua mano è mollemente abbandonata in grembo. Forse all’inizio del fenomeno, spaventata cercava di aggrapparsi alla realtà della carne cercando il contatto fisico con le viscere, con l’utero della Grande Madre Terra, con i primi chacra, quelli del contatto col mondo reale. Adesso sta viaggiando e quando tornerà ritroverà la sua mano e il contatto col corpo e col mondo. . . . . Ma non sarà più la stessa.





TITOLO: LA LETTRICE



DIMENSIONI: 50 x70 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2006
Una bellissima ed opulenta figura femminile, quasi una dea madre, si crogiola godereccia il tepore del sole e la freschezza dell’acqua marina sulla pelle. Allo stesso tempo, se il corpo non rifugge il piacere della propria nudità a contatto con la natura, la mente è concentrata ed immersa nell’acquisizione di conoscenza attraverso la lettura di un testo, forse sacro, mistico, filosofico…. Chissà? È la sua via verso l’evoluzione spirituale. Un S. Gerolamo al femminile, ma senza bisogno degli attributi del santo stesso e cioè, leone a parte, vecchiezza, secchezza e posa rigida. La donna, graziosamente seduta sulla sabbia è colta nel momento dell’illuminazione, testimoniata dall’accendersi di n’aureola violetta che, insieme al rosario che reca la sacra sillaba “OM”, la introduce nel Nirvana.



































TITOLO: RI-VISITAZIONE CON GEKO



DIMENSIONI: 30x40 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su tela
ANNO: 2006


Un dettaglio dalla Visitazione del Pontormo, ricopiato e modificato con un moderno tatoo: un piccolo geko sul bianco collo della Vergine Maria. Ancora le altre convenute non lo hanno visto. Chissà cosa diranno quando lo noteranno!!





TITOLO: SEDUZIONE SPIRITUALE


DIMENSIONI: 70x100 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su cartone
ANNO: 2005 Novembre

Una donna ritratta di schiena volge la testa all’indietro verso l’osservatore. Il suo sguardo lo fissa….. seducente. La donna affonda le gambe fino a metà coscia in una palude (“Ninfee”, omaggio al pittore statunitense Charles Courtney Curran) che si estende fino ad un orizzonte delimitato da una fitta siepe boschiva. Oltre questa siepe l’inizio di un’altro mondo, il mondo pagano dei ruderi romani di Palmira, la perla del deserto. Oltre, boschi e nebbie di nuvole basse. In alto la violenza di un tramonto drammatico.
L’acquitrinio è costellato di bianchi fiori di loto, i prediletti da Buddha. Nascono dal fango della palude ergendosi tra le loro grandi foglie, alcune verdi e fresche, altre putride o secche, per esplodere in una fioritura che simboleggia la rinascita spirituale così come è concepita nella filosofia di Siddharta Gautama.
L’acqua, la palude, il loto, le rovine pagane, l’aureola, antichissimo simbolo precristiano di contatto con il trascendente e il mistero: l’immagine è carica di simboli suggestivi che evocano un mondo apparentemente scomparso, ma sempre presente nel profondo dell’uomo.





TITOLO: IL SALTIMBANCO



DIMENSIONI: 70x90 cm
TECNICA E SUPPORTO: olio su cartone
ANNO: 2005

La scena notturna raffigura un “cerretano”, uno “zanni”, prototipo dei comici dell’arte che di li a pochi decenni sciameranno dall’Italia in tutta Europa, scacciati dalla bolla di scomunica del papa, consegnandoli a fama larga e imperitura.
La figura è elaborata da uno de passi più celebri della relativa iconografia: le famose quanto minuscole incisioni seicentesche di Jacques Callot “I Balli di Sfessania”.
Il comico in posa smargiassa da “Capitan Babeo” calca le tavole sconnesse di un palco improvvisato frettolosamente dai comici girovaghi, avvezzi all’accampo fortuito nel luogo dove l‘oscurità li coglieva e di conseguenza a rappresentare per ogni uditorio, spesso formato da popolani e contadini; una stazione di posta, un’aia di fattoria, una radura boschiva, una piazza fangosa nei sobborghi di una cittadina o uno spiazzo fuori le mura . . . . . . . . . . . Due pali contorti, una vecchia tendaccia rossa mangiata da topi e tignole, un fondale improbabile stinto dal tempo, qualche fuoco acceso per il freddo e la luce et voilà! L’accampamento scenico è pronto. Magari per un’ultima recita serale, prima di gettarsi nel carro o sotto le tavole del palco a dormire spesso a pancia vuota o, nei casi più fortunati dopo aver racimolato un po’ di cibo, qualche offerta in natura e magari qualche spicciolo dai paesani che hanno assistito ai lazzi della recita improvvisata, grevi, scollacciati ma finalmente genuini.
Stracci e fame, bagliori caldi di fuoco, lame di fredda luce lunare e nuvole sono la scenografia che accompagna questa visione.